Il mare incontra le piramidi. Il Galata e il Museo Egizio in dialogo
«Riconosciamo l’entusiasmo che ci accomuna».
Si apre con questa frase benaugurale l’intervento a cura dei Direttori Pierangelo Campodonico e Christian Greco tenutosi il 30 giugno scorso a Genova presso gli spazi del Museo del Mare Galata.
A portare il Direttore del polo piemontese e una settantina di dipendenti della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino presso il museo genovese è stato il desiderio di intavolare un discorso riguardo possibili collaborazioni.
Ma per collaborare bisogna prima conoscere, per questo la giornata di lavoro è iniziata - seppur in modo alquanto apocalittico viste le avverse condizioni metereologiche, che hanno inondato con una pioggia torrenziale il capoluogo ligure - con una parentesi dedicata alla scoperta degli spazi museali di Galata e MEI (Museo dell’Emigrazione Italiana) a cura del Direttore e dei Curatori dei due poli.
A seguito di questo primo momento di pura e semplice Cultura, protagonista del primo pomeriggio è stato un tête-à-tête tra i due Direttori, che fin dalle prime parole hanno dimostrato di condividere la stessa visione di museo, cosa fondamentale vista l’intenzione di intraprendere un percorso che porti a contaminazioni reciproche per lo sviluppo di nuovi concept, attività e proposte allestitive interne alle due istituzioni.

I due Direttori durante l'incontro pomeridiano
Ad accomunare il Galata e l’Egizio (prima ancora della visione congiunta dei loro vertici direzionali) è quell’enorme distesa d’acqua sulla quale il primo è proiettato e il secondo deriva tutta la sua collezione: il mare. Interessato ai movimenti di persone e cose il Galata, custode di una cultura materiale incredibile l’Egizio, questa comunanza ha permesso di individuare tre possibili livelli culturali sui quali lavorare: il tema del viaggio e dello spostamento, il concetto del de-colonialismo e la digitalizzazione.
Il primo tratta dello spostamento delle persone e degli oggetti ed è fondamentale nella rendicontazione e mantenimento in vita delle loro memoria e biografia; il secondo serve per ripensare a figure come Colombo o l’egittologia stessa, prettamente eurocentriche, in modo tale da evitare una narrazione che dinieghi il passato o che lo racconti a scapito dell’Altro; il terzo analizza le sfide che potrebbe comportare un allestimento digitale e quali suggerimenti realtà come il MEI (con un percorso di visita completamente computerizzato e interattivo) possano dare ad entità come il Museo Egizio, con flussi di visitatori imponenti.
Da questi primi spunti di riflessione il discorso si è poi naturalmente spostato sul più ampio argomento di museo, del perché ripensarlo in un’ottica di scambio e sviluppo sia oltremodo importante per un ragionamento sempre più approfondito sul suo ruolo e posizione nella nostra contemporaneità e, tangenzialmente, la necessità di avvicinare la comunità a questi luoghi sia la giusta causa per cui princìpi quali aggregazione, democrazia e sviluppo diventino i pilastri fondanti di queste nuove cattedrali culturali.
Così facendo non solo si andrebbero a creare nuove connessioni tra gli spazi espositivi e i visitatori, ma tra i visitatori stessi e le Culture rappresentate, spogliando la visita di quel manto di coercizione che si porta spesso dietro (il Direttore Greco porta a titolo di esempio le scolaresche, che più che portate in visita vengono “deportate”), favorendo un avvicinamento naturale e volontario della collettività.
Ed è su questa visione sociale di cultura che si basa un altro livello di intesa tra le due istituzioni: museo uguale comunità. Apparentemente semplice, ma nella realtà dei fatti ricco di complesse sfumature, questa idea di fondo che il museo debba essere fatto da e per la comunità è stata la naturale conclusione di un confronto intenso e stimolante per tutti i partecipanti.
A fronte di quanto riportato possiamo dire senza dubbio alcuno che la sinergia culturale c’è, il che porta a fare un’ulteriore affermazione: i musei sono desideri. Di crescita, di sviluppo, di condivisione, hub creativi dove riunirsi e comunicare insieme.
«Il Museo» dice Christian Greco «diventa una parte di casa» e, ribatte il Direttore Campodonico, «[bisogna impadronirsene] attraverso la sua parte esperienziale».
Non spazi vuoti, ma luoghi vivi e accessibili a tutti.