La dolce carezza degli asfodeli
Alcune storie sono tramandate a voce alta intorno ad un fuoco scoppiettante, altre sussurrate nell’oscurità, al riparo dallo sguardo implacabile del sovrano degli Inferi. Nondimeno anche il più pavido degli uomini non può fare a meno di ascoltarle, talvolta raccontando egli stesso di quelle oscure profondità dove risiedono incarcerate le figure più sanguinose del mito, poichè è risaputo che le tenebre dell’Ade ripugnano e ammaliano al tempo stesso.
Eppure non tutto l’Orco è tinto di tenebre e l’ombroso Signore di quei luoghi non è l’unico a risiedervi. Si dice che la sua amata sposa, la regina Persefone, riesca a donare luce e un senso di casa a questo luogo nascosto e che lei sola sia in grado di stoppare l’implacabile giudizio del marito, talvolta addirittura a fargli modificare una sentenza già pronunciata.
Ma dove si possono trovare sprazzi di luce in questo regno infernale? Gran parte della sua geografia è composta di campi che si stendono a perdita d’occhio, grigi se non fosse per innumerevoli puntini bianchi che illuminano intermittenti di pallida luce queste distese. Sono gli asfodeli, fiori dall’aspetto delicato ma dall’animo tenace, che con la loro luminosità segnalano la strada alle anime dei dipartiti. Tra questi vagano per l’eternità uomini e donne che nella loro mortalità non si sono distinti né per gesta eroiche né per azioni nefande. Dopo la loro dipartita, al momento del giudizio del tribunale infernale, piangono lacrime amare vedendosi precludere l’accesso ai Campi Elisi, destinati ai Grandi dell’umanità, ma al contempo ringraziano gli dèi ctoni di non essere stati destinati al Tartaro, fulcro di ogni tormento umano e divino.
Ed è così che il loro destino immortale viene scolpito nella pietra: ombre senza direzione, senza ricordo o presa sulla loro vita eterna, costrette a vagare negli infiniti Campi di Asfodeli sottostando per sempre alle leggi della Morte, assaporando solo in rare occasioni un breve anelito di libertà quando incauti mortali provano a richiamare con tentativi disperati la loro anima sulla terra.
È per questo allora che sotto il caldo sole di Apollo davanti a questi fiori talvolta tremano cuore e membra, il battito accelera e il respiro si affanna? È un presentimento di quello che potrebbe essere? È questa la loro vera essenza o sono le storie che si portano dietro come un manto di tenebre a rendere così debole l’animo?
Lucciole allegre nel verde infinito dei prati, pallide dita nell'oscurità degli Inferi, gli asfodeli riempiono lo sguardo dei mortali che popolano campi coltivati e pianure selvagge in egual misura. Di questi fiori nell’antichità erano piene le tombe, fonte di cibo per i defunti, un augurio di continua sopravvivenza se non per le spoglie mortali almeno per l’anima, come evince l’etimo del loro nome, che significa “valle di ciò che non è stato ridotto in cenere”.
Se vi dovesse mai capitare di trovarvi in un campo di asfodeli incorniciatene delicatamente uno nel palmo della vostra mano e avvicinate il volto per sentirne l’aroma. Si trasformerà così da memento mori a ponte tra realtà e aldilà. Chiudete gli occhi e lasciate che i vostri sensi vengano inondati da tutto quello che questo fiore ha da offrire. Potrebbe darsi che i fumi del suo profumo vi portino tra le pieghe della storia.
Dizioseo
- Orco
Uno dei nomi dell'Ade
- Divinità ctonie
Divinità legate al culto dell'Oltretomba